IL DISAGIO PIU’ FORTE? TRA I 10 E I 14

08/06/2021


Quindici mesi di pandemia hanno visto gli adolescenti e i giovani soffrire più di altre categorie sociali: intere giornate trascorse senza la libertà di muoversi, nè lezioni in presenza, con i rapporti interpersonali ridotti all’uso del web. Ma adesso, con i vaccini e la curva dei contagi in discesa, sembra arrivato il momento della ripartenza.
Come sostenerli nel graduale ritorno alla normalità? «Dipende da noi adulti, dalla nostra coscienza, siamo noi che non facciamo il nostro mestiere: aldilà delle chiacchiere, è ora che i genitori tornino a fare i genitori e gli insegnanti gli insegnanti, perché l’educazione è stata sottovalutata, con un discredito dei valori e un vuoto di progetti» afferma don Antonio Mazzi, fondatore della Comunità Exodus, da più di 60 anni impegnato nell’assistenza e formazione dei giovani. E lancia l’allarme: «C’è un malessere diffuso tra i giovani, stiamo attenti a non farlo precipitare».
Ma allora qual è la strada che dobbiamo seguire? Recuperare l’interiorità, non preoccuparsi più solo del portafoglio e della casa comoda. Dobbiamo noi vivere per primi i valori, dare l’esempio».
I danni provocati dalla pandemia, non solo quelli economici ma anche quelli psicologici, sembrano l’esito di una specie di terza guerra mondiale. È così?
Le altre guerra hanno portato alla distruzione materiale. L’effetto della pandemia invece è indefinibile. Ha contribuito ad abbattere l’interiorità della persona, il concetto stesso di relazione. Ripeto: c’è un malessere profondo. Serve recuperare l’autenticità dei nostri rapporti.
Un enorme lavoro culturale che chiama in causa soprattutto il nostro essere cristiani?
Sì. Il problema, però, non è andare in chiesa ma essere veramente cristiani. Vanno recuperate le otto parole delle beatitudini. Papa Francesco ha detto che «il mondo si cambia con la forza delle beatitudini e non con il potere o con la forza». E ha parlato di libertà, eguaglianza e fraternità come le tre declinazioni laiche della Carità. E queste parole della Rivoluzione francese, ha sottolineato, sono più cristiane di altre...
La libertà sembra essere la prima preoccupazione dei giovani in questa fase post-Covid.
La libertà vera, però, non è sottovalutazione totale delle norme, delle leggi, delle regole. E vale innanzitutto per noi adulti. Bisogna saper scegliere liberamente tra diritti e doveri. Ma c’è bisogno di un padre che lo insegni, e non è stato mai difficile esserlo come oggi. Come insegnarlo? Partiamo dal Padre nostro, recitiamolo senza sofisticherie, soffermiamoci sulle parole. Recuperiamo il significato delle parole: madre, padre, figlio, scuola...
Fragili tra i fragili. La condizione più drammatica oggi sembra essere quella degli adolescenti…
Non solo. Sono molto preoccupato per i ragazzi che hanno tra i 10 e i 14 anni. Abbiamo svolto un’inchiesta/una indagine in una scuola professionale femminile: il 45% delle studentesse si taglia, cioè compie atti di autolesionismo. Alcune lo fanno perché fa snob... altre hanno problemi molto più seri. Sono tutti segnali di un profondo disagio. Hanno bisogno di relazioni vere. Sì, lo psichiatra, d’accordo, ma scuola, famiglia, Chiesa e Stato facciano la loro parte! I capisaldi della società sono stati distrutti, è necessario ricostruire la rete, tutti insieme. Non proibire, però, ma orientare.
Dunque, cosa dovremo fare come genitori, nella vita di tutti i giorni?
Recuperare lo spirito della cena in famiglia, per esempio, come momento intimo della sera. Una volta era così. Certo se i Tg delle 20 fossero più attenti a presentare le notizie, senza far vedere certe foto a quell’ora, pesando di più le parole.... sarebbe meglio.
È solo una questione di responsabilità personale?
La scuola deve insegnare ad educare. La media va cambiata radicalmente, bisogna preparare gli insegnanti ad affrontare le nuove emergenze. Ma, soprattutto, recuperiamo il significato delle parole che abbiamo banalizzato.

intervista a don Antonio Mazzi di Fulvio Fulvi