Non vorrei esagerare, come sempre, con le mie annotazioni, saltando le righe e dimenticando i verbi con i loro tempi, i loro condizionali e con i gerundi compresi. Parto dal fuori gioco per arrivare al goal. Penso ai giovani. Uno dei metodi più semplici, anche se più «friabili» per recuperare in parte la povertà, la solitudine il malessere e la depressione che stanno distruggendo molti dei nostri figli, credo sia nella riapertura dei normali luoghi di vita: gli stadi, le palestre, le piscine, le piste di sci, gli oratori, le scuole, i centri di formazione professionale regionali, i teatri, e le molteplici attività giovanili. So bene che buttare sul tavolo questa ipotesi, quasi fosse primaria, crea critiche a non finire, dalle più banali alle più scientifiche. Basterebbe il coronavirus per giustificare abbondantemente tutte le reazioni.
Faccio un passo laterale, esplicitando una curiosità. Questo cosiddetto mondo civile e sviluppato sta scoprendo il verde e avendolo cementato con l’aiuto di illustri architetti, l’ha riposizionato liturgicamente, sui davanzali dei grattacieli perché il verde, appena scoperto, è già diventato di moda (lo ha detto perfino il Papa, partendo dall’Amazzonia). Nel contempo i nostri ragazzi che al mattino, si facevano quattro giri nel Parco o andavano nei centri sportivi all’aperto o a sciare, li abbiamo multati e rinchiusi.
Evviva le zone! Adesso faccio un passo indietro. Per aprire le porte delle nostre case, dei centri sportivi e musicali è indispensabile che i genitori facciano un bel lavoro educativo fin dall’infanzia e insegnino ai figli che esistono diritti, doveri, sensi del limite, uso corretto dei luoghi, il rispetto delle normative sociali e soprattutto una mentalità rivolta alle prospettive future. Qui purtroppo non ci siamo e quindi le mie sono chiacchiere, belle ma chiacchiere, perché laddove manca l’educazione, non si può ipotizzare un uso corretto della libertà.
Mentre biascicavo tra me e me queste mezze eresie e sentivo morsicarmi lo stomaco, leggo un articolo del grande saggio e vecchio (meno di me) Giuseppe Guzzetti. Nel quale articolo faceva una proposta straordinaria al suo ex collega Draghi, dicendo: «Butta il cuore oltre l’ostacolo e trasforma il Ministero della Istruzione in Ministero della Comunità Educante. Urge attivare tutte le agenzie educative del paese per favorire il pieno sviluppo di tutti i minori». E portava come esempio i programmi del «Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile», nato nel 2016. Con i miei «gioielli» proprio approfittando di questo Fondo sono partito, alla mia maniera, con alcune esperienze molto affascinanti. Titolo: «Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie!» e «Pronti Via!». E sono in atto cinque carovane, viaggi in mountain bike, due barche a vela all’Isola D’Elba, e alcuni campeggi che vorrei alla fine trasformare in «villaggi scolastici». Coinvolti molti ragazzi!
Purtroppo devo dire ancora una volta, da imbestialito, che siamo inciampati in una burocrazia totalmente inadatta e incapace di elasticizzare i normali regolamenti, con lo scopo di renderli attirabili per queste situazioni. Sta gente (parlo da veneto) nata sulle sedie degli uffici governativi esige presenze, firme, orari, norme, programmi eseguiti come avessimo a che fare con dei seminaristi. Tutta la fatica fatta per preparare i poli-docenti a fare scuola in mezzo al mare, o sotto le tende, o sul Passo del Tonale, mentre scende la sera, oppure a rincorrere il più «dolce» dei ragazzi perché stava scappando per farsi una «pera», e riportarlo nel gruppo, viene rovinata dalla e-mail degli uffici centrali che sottolinea la mancanza di una firma, o perché l’orario previsto sul programma non veniva espletato correttamente. Questi ragazzi ti distruggono… Però, vi debbo dire che purtroppo ho novant’anni, ma se ne avessi solo venti di meno, mi sentireste gridare da Roma a Milano in questi giorni. Per i burocrati dei Palazzi siamo ancora nel paese delle Olivetti 22.
Se questa idea del Ministero della Comunità Educante, fino a ieri applicata in pochissime realtà e quasi derisa perché puzzava da «preti», passasse da esperienza precaria ad un nuovo tipo di pseudo ministero sperimentale, presso la Presidenza del Consiglio liberato dalla burocrazia, dal binomio costante pubblico-privato e rivolto all’intero mondo giovanile, educativo, formativo, scolastico, associativo, sportivo, universitario e scientifico, non assisteremo più a storie che partendo dalla droga arrivano al cyber bullismo, al suicidio, all’omicidio, all’autodistruzione di se e tantomeno all’emigrazione di 250 mila giovani negli ultimi dieci anni. Qualcuno ha citato Calamandrei con la sua storica frase: «Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento, della Magistratura e della Corte Costituzionale». Mi fermo! Però se è vero che il nuovo Governo sarà quello del cambiamento, chiedo e supplico perché Mario Draghi ponga questo sogno tra la priorità delle priorità.
Don Antonio Mazzi – Corriere della Sera