CARI PADRI, NON FATE I “MAMMI”: IL VOSTRO RUOLO E’ UN ALTRO

19/03/2022


Cari padri,

scusate se non faccio preamboli augurandovi ogni bene da qui all’eternità. Vado subito al cuore del problema rischiando una dichiarazione pesante: i padri non li abbiamo ancora scoperti, soprattutto perché non si sono scoperti nemmeno loro. La storia li ha pensati con la borsa in mano o con il tagliaerba o sul camioncino appena fuori l’uscio di casa. La madre è sempre stata capita anche se puliva i piatti, perché da qualche parte aveva il terzo o il quarto figlio. Il padre invece, anche se portava i figli a scuola, aveva altro da fare fuori come operaio, dirigente o impiegato in qualche ufficio pubblico.

Fino a poco tempo fa perfino la società era un po’ materna, addirittura quasi una “comunità educante”. Poi arrivato il ’68 è saltato l’intero meccanismo. Ed è qui che un altro slogan ha sciolto il già leggero legame paterno. Sono state le strade di Parigi a gridare “la morte dei padri”. Largo ai figli e alla democrazia radicale.

Qualcuno ha pensato che poiché già c’eravamo, si potesse sistemare anche il Padreterno. Detto tutto questo torniamo ai padri quotidiani. C’è un vero disorientamento non da banalizzare ma da interpretare dall’inizio. La natura ha aiutato la madre perché tutto fosse chiaro. I nove mesi sono stati un dolce andare e venire fisico, psichico, sensuale, emotivo. Il padre, invece, compiuto l’atto iniziale, si trova la creatura, mesi dopo sul lettino del reparto pediatrico. Certo le mani gli tremano tenendolo in braccio per la prima volta, ma subito dopo, lo consegna a “mamma”.

Qualcuno ha scritto, che in fondo in fondo, per il padre si tratta più di adozione, autentica, vera, affascinante, spirituale. E se fosse vero, all’adozione si aggiungerebbero aggettivi straordinari, ben più interessanti e genuini delle normali adozioni che girano dentro le nostre famiglie. Oggi poi, saltata sia la società, sia la chiesa, sia la scuola, il vero padre entrerebbe protagonista verso i nove, dieci anni. Ed è in questo periodo che alcuni padri stanno comprendendo che prima della borsa, del camion e dell’ufficio, c’è un tesoro prezioso che si chiama non solo figlio, ma futuro.

E questo tesoro prezioso esige supporti diversi da quelli della madre, supporti quasi meta-fisici, sociopolitici, tra l’autorevole, il testimoniale e l’amabile. Ed è qui che scatta la fatica per abbinare aggettivi nella società ben divisi. Quando un padre capisce questo, devono tremagli non solo le braccia per sollevarlo al cielo, ma l’intero suo ruolo di guida, che cammina alcuni momenti tenendolo per mano, altri lanciandolo avanti e altri ancora medicandogli le ferite.

Finisco pensando quanto sia bello per me, essere da 60 anni padre, come voi padri, con lo stesso filo rosso che ci congiunge!

Auguri.

don Antonio Mazzi su “Famiglia Cristiana” – n. 12/2022