DON MAZZI. C'È UN’ARMA INVINCIBILE PER SUPERARE QUESTO MOMENTO BUIO

05/01/2022


Sempre schierato in difesa degli ultimi. È davvero infaticabile, don Antonio Mazzi. A 92 anni compiuti e in coincidenza con le feste di Natale, il fondatore della comunità Exodus pubblica un nuovo libro. Il dialogo del sorriso è un diario intimo in cui il sacerdote ci invita a pensare positivo, anche nelle situazioni più difficili. «La pandemia la dobbiamo combattere con la scienza e il vaccino ma anche con il sorriso, per infondere speranza in noi stessi e negli altri», spiega il prete a Nuovo. «Noi dobbiamo leggere il libro della nostra vita dalla copertina e non dal retro. Sono ancora convinto che, anche in un periodo difficile come questo, il bene superi il male. Bisogna avere il coraggio di cambiare punto di vista», sottolinea.

«Mi considero uno strano prete»

Don Antonio, lei insiste sul valore del sorriso: perché?

«Perché in questo periodo storico credo che sia arrivato il momento di smetterla di continuare a parlare di drammi e lanciare qualche messaggio positivo. Se lo faccio io – che mi trovo ogni giorno a contatto con persone in difficoltà – ritengo che sia un valore aggiunto. Sono un prete un po’ strano che non va molto d’accordo con il Padre Eterno. Ogni giorno mi trovo a confrontarmi con gente che potrebbe godersi la vita e invece per un incidente banalissimo si ritrova in galera o muore lasciando soli i propri figli. Così a volte mi viene da chiedere a Dio se non sarebbe meglio che si arrabbiasse con chi se lo merita veramente…».

Ci spiega per quale motivo oggi si tende a sorridere sempre di meno?

«È una conseguenza della pandemia, che ha creato in molte persone una depressione pazzesca. Il virus del Covid-19 non solo ha portato gravi conseguenze economiche ma anche psicologiche e questo lo si vedrà a lungo termine. Ci sono persone che tendono semplicemente a isolarsi e a chiudersi in se stesse, mentre altre diventano protagoniste di violenze inspiegabili. Oggi la gente uccide per niente. E i giovanissimi giocano con la vita e con la morte come se fossero figurine. Il problema non è tanto discutere sul fatto di mandarli in galera o meno, ma piuttosto cercare di capire come sia possibile che un ragazzino di dodici anni giochi con la morte come se fosse in un cartone animato».

Lei invita le persone a parlare e a evitare di urlare…

«Urlare è una sconfitta e il guaio è che oggi urlano pure le persone buone. Persino chi ha una tesi positiva e magari la vuole condividere in televisione lo fa a voce troppo alta: così finisce per far passare come sbagliato il suo pensiero. Il rischio, perciò, è che anche coloro che si prodigano per il bene degli altri finiscano per farlo in maniera sbagliata». Da sempre lei si occupa degli ultimi e delle persone fragili. Non pensa che di loro non si sia parlato abbastanza durante la pandemia?

«Il problema non è solo parlarne. Intanto bisogna chiedersi che cosa intendiamo per “ultimi”. Tanti pensano che siano quelli che arrivano da lontano sui barconi; ma gli ultimi possono essere anche sul nostro stesso pianerottolo. Volontariato non è solo offrire un panino o dare quattro soldi – che, per carità, in molti casi sono necessari –, ma prendersi cura con amore dell’anima delle persone. Il bene non va elargito a caso oppure perché si deve fare, ma per il fatto che si ha una ricchezza che ti esplode dentro. Io stesso lo faccio per dare un significato alla mia vita e a quella degli altri».

Si parla tanto dei ragazzi: come vede la loro situazione in questo momento storico?

«Oggi i giovani trascorrono il tempo insieme, ma non è l’amicizia a legarli. Per questo motivo nel mio libro ho stilato un “decalogo dell’amichevolezza”: voglio riportare l’attenzione sul significato dell’amicizia. Un tempo nell’adolescenza si costruivano rapporti che duravano tutta la vita».

Invece che consiglio vorrebbe dare ai genitori?

«Vorrei lanciare un appello ai padri affinché tornino ad avere piena consapevolezza dell’importanza del loro ruolo. La loro priorità dovrebbe essere quella di indirizzare i loro ragazzi sulla strada giusta e non su quella sbagliata, insegnando loro a cogliere gli aspetti positivi della vita e ad affrontare quelli negativi».

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don Antonio Mazzi – su “Nuovo” – n.53