Davanti a un caso così, cosa dovrei dire? Sono disponibile a prendere Adiba, 14enne di origine bengalese che ha denunciato i genitori, in una delle mie tante comunità, tenendola nel massimo della protezione. Questo è ancora un mondo pieno di animali ragionevoli, capaci di usare il massimo della loro ragione solo per guadagnare quattro soldi.
Di fare qualche salto oltre, nel mondo sociale, culturale, solidale, famigliare, amicale, se ne chiacchiera tra un caffè e l’altro, o davanti al telegiornale che ti racconta fatti come quelli di Adiba, ma non andiamo oltre. “La mia famiglia non vuole che parli con i miei amici, che esca di casa vestita normale: dicono che devo portare il velo. E non vogliono neanche che io studi. Mio fratello mi dà schiaffi e pugni, ma io voglio fare Medicina”.
Frasi così e comportamenti violenti dentro casa, ci seccano, ci disturbano e facciamo articoli sui giornali. Guardiamoci in faccia e diciamoci la verità intera. Nelle nostre case ci sono stati altri tipi di discussioni. Io vengo dal secolo scorso e ricordo bene le battaglie che le mie cugine hanno provocato, quando sono usciti i primi jeans, le prime minigonne, le prime labbra rosse e le prime scollature. La nonna urlava “Andrete tutte all’inferno”. Perfino i preti pretendevano che, arrivate all’adolescenza, le ragazze, per avvicinarsi alle balaustre, avessero le gonne lunghe e il velo in testa. Non vi dico per i ragazzi quando nacque la moda dei tattoo. Purtroppo tutti, soprattutto con i nostri figli, ci dobbiamo ricordare che essere genitori non significa essere padroni ossessivi nel nome del Signore.
Dobbiamo con educazione e pian piano aiutarci, in un modo o in un altro, ad integrarci e ad accettare abitudini, tradizioni e liberazioni. Farci la guerra non serve e non è la strada migliore. Il mondo cambia più veloce delle nostre teste. Cambiare, poi, non significa rovesciare l’universo, ma imparare a condividere le contraddizioni delle quali sono pieni i nostri adolescenti.
Capisco che in questo caso si tratta di religione (forse). Ma anche per i percorsi della fede ascoltare i nostri figli, entrare nelle loro teste e nel loro cuore, è il minimo che possiamo e dobbiamo fare. Nemmeno noi siamo tanto felici se la nostra ragazza si fidanza con un ragazzo di altra nazione e di altra religione. Finisco citando la canzone di Gianni Morandi: Adiba, anch’io “Apro tutte le porte!”.
don Antonio Mazzi su “Famiglia Cristiana”