Seduti intorno a un tavolo a preparare gli esami non ci sono solo i ragazzi; ci sono gli adulti, gli educatori e tutti coloro che non smettono mai di imparare perché la più grande lezione viene dall’esperienza quotidiana, entra ed esce dalle porte che si aprono ogni giorno.
E tra queste c’è una cosa che abbiamo imparato molto bene e che ha il nome dell’alfabeto: “C”, “E”, “H”. dietro quelle lettere ci sono classi, e dentro le classi ci sono giovani persone in divenire che attendono di essere guardati, presi in considerazione, valorizzati, rassicurati, spesso anche abbracciati.
Senza grandi differenze: quelli dell’ultimo banco sempre senza libri, senza quaderni, senza nemmeno una penna, e quelli del primo banco, sempre con la mano alzata e con la risposta pronta. Eppure anche loro a chiedere fino allo sfinimento “oggi posso uscire anch’io a studiare con voi?”
In quei momenti è stato necessario tacere la risposta scontata: “ma tu non ne hai bisogno”, perché chi lo può davvero definire un bisogno?
E così, con questo ritmo chiamato in continuazione ad uscire dalla battuta, quella indicazione di tempo posta all’inizio di uno spartito che è stato per necessità educativa continuamente modificato siamo arrivati alla fine dell’anno scolastico.
E ci siamo preparati all’esame di stato insieme, insieme a quelli dell’ultimo banco e quelli del primo, quelli senza un computer e quelli con un tablet di ultima generazione, quelli che hanno parlato di letteratura classica e quelli che hanno parlato di calcio, senza alcuna distinzione.
E se loro hanno imparato qualcosa in più sulla guerra fredda e su Giovanni Verga, noi che abbiamo studiato con loro abbiamo imparato cosa è il Krav Maga (un’arte marziale di cui non tutti avevano sentito parlare fino ad allora), abbiamo capito meglio cosa è un fuorigioco e i nomi delle automobili che corrono in Formula1.
Siamo andati alla ricerca di titoli accattivanti che via via hanno avuto il potere di trasformare anche i lavori più semplici in qualcosa di straordinario: il calcio è diventato “Il cuore dentro le scarpe”, il Krav Maga è diventato “Camminare nella pace”, le donne nella storia sono diventate “RiconosciMenti” e una fragilità psicologica si è trasformata in una “Testa tra le nuvole”.
Ogni lavoro è cresciuto pezzo dopo pezzo, e sì davvero è diventato “elaborato”, perché fatto di intrecci e di ricerche a partire dalla vita oltre che dai libri di testo.
Così la scuola è davvero finita?
Non per noi. Si continua, si inventa tutti i giorni quando sono i ragazzi a chiedere “oggi che si fa?”
Si cammina, anche a 40 gradi, si impara a far rimbalzare i sassi nell’acqua e suonare coi fili d’erba, si organizzano lezioni di scacchi e di pianoforte, si dipinge, si legge insieme “I viaggi di Gulliver” (perché no, se “Se questo è un uomo” di Primo Levi indicato dall’insegnante come compito delle vacanze è davvero troppo).
Se gli antichi imparavano “girando intorno” e la storia di Exodus è nata camminando, oggi davvero possiamo dire di avere il cuore dentro le scarpe.
Barbara, Educatrice Polo Exodus Assisi Progetto Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie