SCUOLA: LA PRESENZA E’ NECESSARIA MA NON È L’UNICA SFIDA

24/01/2022


Elsa Fornero sulla Stampa ha sottolineato «l’eccezionalità del messaggio del Presidente Draghi che per la prima volta da tanti (troppi) anni o meglio decenni, propone la scuola come priorità del Paese». Tutti insistiamo perché la scuola sia concepita come caposaldo della nostra formazione sociale e personale per prevenire e ridurre le fragilità esplose dopo il lookdown.

In certe situazioni le scelte anche quelle necessarie, con quelle della scuola in presenza, non sono facili da attuare. E la determinazione con la quale un banchiere, secondo i nemici politici, ha presentato l’esperienza, mi (o ci) ha fatto capire che il tessuto morale dell’uomo va ben oltre la consunta qualifica. E la priorità data all’educazione, non solo ha posto i problemi economici dopo, ma anche quelli sanitari, ben più delicati. «Il Governo sta affrontando la sfida pandemica e la diffusione di varianti molto contagiose con un approccio diverso rispetto al passato: vogliamo essere molto cauti ma anche cercare di minimizzare gli effetti economici sociali, soprattutto sui ragazzi e le ragazze che hanno risentito delle chiusure dal punto di vista psicologico e della formazione».

«L’apertura della scuola –dice Recalcati– è sempre più necessaria in un paese come il nostro che si è rilevato in questi tempi, così difficili, culturalmente arretrato, ideologicamente superstizioso, ancora attraversato da una pervicace retorica populista». Però se dalle urgenze generali, passiamo ai problemi particolari ci sono due cose nella scuola che vorrei sottolineare: la preparazione dei docenti e il buco enorme che esiste tra le elementari e le superiori. Le università non mi pare che sui docenti abbiano elaborato percorsi più precisi, innovativi, sperimentali, con tirocini ben mirati. Rispetto, invece, ai programmi delle medie inferiori, siamo fermi a quarant’anni fa. Per chi ha le sue attività con ragazzi tra i dieci e i quattordici anni, ancora etichettati come minorenni, lo va dicendo da anni. La prima adolescenza è esplosiva fisicamente e sessualmente. È assurdo rinchiudere per ore in banchi e in classi composte al centralino, ragazzi che hanno bisogno di essere in presenza.

Ma di quale presenza parliamo? Riporto un pezzo di Galimberti: «Nel mondo della vita, ogni mio atto rivela che la mia esistenza è corporea e che il mio corpo è la modalità del mio apparire. Questo organismo, questa realtà carnale, i tratti del mio viso, il senso di queste parole portate da questa voce non sono le espressioni esteriori di un Io che sta alle spalle o nascosto nel mio corpo, ma sono Io quell’Io, così come il mio volto non è un’immagine di me, ma è me stesso. Nel corpo c’è perfetta identità tra essere e apparire, e accettare questa identità è la prima condizione dell’equilibrio». «Come possiamo però equilibrare corpo, cervello, sensi, emozioni, eccitazioni, desideri nei dodicenni imprigionati nei banchi? Come possiamo aiutarli ad interpretare la meravigliosa trasformazione che sta avvenendo adesso in loro, quando le Guerre Puniche e la radice quadrata contano scolasticamente molto di più e quando i docenti se non completano i programmi arrivati da Roma, non farebbero bene il loro mestiere?»

Voglio solo citare alcune parole che nascerebbero dalla concezione di una scuola a tempo pieno, perché «magistra vitae». La palestra, i laboratori, la musica, i tavoli con quattro posti in sostituzione dei banchi, le pareti apribili per i vari momenti di interclasse, le attività all’aperto, le docenze teorico-pratiche, i pomeriggi e le serate per i diari, i compiti, per il violino o il clarinetto, il teatro, i dibattiti socio-politici, il voto a 16 anni… A voi trasformare queste parole, compresa l’ultima! Quindi riapriamo la scuola non solo per insegnare ai nostri figli la matematica, l’analisi logica, la storia, ma soprattutto per testimoniare che la democrazia implica l’esistenza di un bene comune che non può prescindere dalla presa di coscienza che la libertà, va coniugata con i doveri, con la cultura del dialogo, e con la responsabilità di ciascuno.

Se stiamo andando un po’ verso i sogni perché la scuola non può diventare il villaggio di Pitagora? di Geppetto? della Moltiplicazione? degli Aquiloni? Un Villaggio che vede tutto il giorno ragazzi respirare il nuovo mondo che tengono dentro, tra il verde, nell’arena, nel campo di tennis, mangiando un panino, con dietro la schiena l’America, il K2 e il lago di Garda, e con il quartetto d’Archi composto da Matteo, Giulia, Tonino e Micaela della terza B, che suona Mozart in giardino?

don Antonio Mazzi su “Corriere.it”