Caro Assessore Guido Bertolaso,
credo che l’amicizia e l’età mi possano permettere di aprire un dialogo con te che vorrei non restasse nell’alveo politico.
Il lavoro che da quarant’anni faccio tra i giovani, o meglio tra gli adolescenti mi obbliga ad essere maleducato. Il metodo don Milani pare che oggi vada di moda. Le comunità terapeutiche è ora che vadano radicalmente riviste e ripensate.
La prima cosa da fare è cambiare il titolo «comunità» e il «metodo». Dovrebbero divenire piccoli centri educativi ai quali accedono ragazzi che hanno problemi di ogni tipo. Non esiste più il tossico «puro». Le richieste che ci vengono fatte, arrivano in seguito ad esperienze varie e storie più o meno complicate, frutto soprattutto di rapporti famigliari, scolastici e sociali sballati.
Forse l’aggettivo «sballati» disturba molti, specialisti compresi, ma che per chi ha scelto nella sua vita non solo di cercare lauree e titoli ma soprattutto di vivere ventiquattro ore su ventiquattro con loro, essendo anche la sua casa una camera nella Cascina Molino Torrette, non perde tanto tempo nelle definizioni.
Laddove ci sono relazioni, amicizie e progetti autentici c’è speranza, civiltà e non solo disagio.
In questi piccoli centri giovanili (escludo i grandi centri, perché non si può rieducare la gente a centinaia alla volta), c’è posto anche per l’alternativa al carcere minorile.
Non capisco come uno Stato che ha un Ministero per «L’EDUCAZIONE», possa mandare coloro che sbagliano con i peggiori per migliorare.
Credo che non si debba andare all’università per capire che chi sbaglia ha bisogno di vivere tra persone che possono aiutarlo a capire gli sbagli e a rimediarli. Inoltre questi piccoli centri non devono «puzzare» di repressione.
Un’altra cosa che il pubblico deve imparare è che laddove si reprime non si educa. Dico con serenità queste cose perché nella parte «non politica» della nostra amicizia più volte ce le siamo dette. Perciò sono convinto che non ti disturbo ma uso il giornale perché altri ti possano conoscere e apprezzare.
E poiché sto leggendo le «Lettere da Barbiana» proprio di don Milani permetti che ti riscriva qualche riga:
«Non si può fare l’educatore e non fidarsi. Possono fare gli educatori anche i ragazzi più grandi. Perché un educatore ha sempre delle soddisfazioni e sa vedere segni di speranza e di onestà dove gli altri non vedono…».
Gli ultimi atti della Regione hanno trasformato gli educatori in guardiani ed in impiegati che devono quotidianamente riempire moduli. Ho voluto solo parlarti di una visione diversa della comunità per prevenire e recuperare laddove non fosse possibile prevenire. Altre cose te le diremo insieme.
Forse l’ultima riguarda me. Non so ancora quanto il Padreterno mi terrà quaggiù ma qualora accadesse, ho l’impressione che farei fatica a rimanere in Cascina, sia per le pesanti manutenzioni che ci sono state imposte dal Comune, sia per le «misere» diarie che ci vengono offerte dalla Regione per gli ospiti. Qualche malalingua dice che avete addirittura avanzato soldi. Auguri!
don Antonio Mazzi su Corriere della Sera – 10/01/2024