Ai nostri ragazzi dobbiamo insegnare che nelle vecchie automobili esisteva la frizione. Nelle nuove io non so cosa esista, però qualcosa di simile non può non esserci.
Vi farò ridere se parto da così lontano, ma sono abituato a vivere con loro da sempre e i linguaggi accademici me li sono dimenticati. Deve esistere un necessario coordinamento tra freni e frizione, ma mentre i freni bloccano e basta, la frizione ti permette di rallentare solo per poter cambiare marcia e non per fermarti.
Bisogna far capire loro, soprattutto se adolescenti, che gli interventi educativi che noi facciamo, se li accolgono con attenzione e coscienza, subito sembrano “frenate”, ma un momento dopo si capisce che hanno avuto un rallentamento intelligente per poter ripartire.
Gli educatori devono essere “attrezzati” e devono avere proposte altrettanto sensate dopo certe “ipotetiche fermate”. E la nuova partenza deve avere le caratteristiche non solo di nuove strade ma soprattutto di nuovi incontri. L’uomo che viaggia da solo, resta privo di incontri, diventa povero.
C’è una bellissima parabola ebraica che dice che ogni uomo viene al mondo con una piccola fiammella sulla fronte e quando incontra un altro uomo le due fiammelle si fondono e si rinnovano. L’incontro genera luce. Quando, invece, un uomo per molto tempo resta privo di incontri, la stella/fiammella pian piano si affievolisce fino a che si spegne.
Le relazioni si incontrano e obbligano a farci domande non superficiali e a tentare progetti di vita, capaci di qualificare e di dare colori diversi alle situazioni personali e sociali.
I percorsi più educativi e formativi avvengono cammin facendo, incontrando il mondo fatto di un noi aperto come paracadute sulle situazioni più o meno provocatorie.
Le strade dei ragazzi di domani devono aiutarli a dare significato ai silenzi. Perché dovranno parlare gli occhi, le mani, i piedi, i sassi nelle scarpe e le nostalgie del cuore. Questo nuovo tempo dell’educazione deve allargarsi al mondo intero con il corpo intero. I nuovi sentieri che dobbiamo percorrere per essere compagni veri dei nostri giovani, vanno ripensati, riunificando le radici e ri-accordando le loro anime.
Insegniamo ad uscire di casa. La strada, la piazza e la terra non sono mai state impure. Se c’è qualcosa di impuro è dovuto alle scorie di velocità “depresse”.
Come spiegare ai nostri ragazzi che le curve sono problematiche solo se vai dritto altrimenti le vedi, le interpreti e vai. Vogliamo ridurre i disagi anziché fare le gare per commentarli?
Don Antonio Mazzi – su Corriere della Sera – 18/04/24