Il buon Beppe Severgnini nella sua riflessione su Sette, il settimanale del Corriere sella Sera, dal titolo “Come non diventare insopportabili con l’età”, prendendo spunto dal suo ultimo libro (Socrate, Agate e il futuro, Rizzoli), elenca i segni di un cattivo invecchiamento. Si è fatto una ventina di domande alle quali ho dato una risposta anch’io. Come potete aspettarvi, sono risultato promosso. Cioè, sto vivendo la vecchiaia con un minimo di dignità e di gentilezza.
Parto in modo così strano perché, dopo aver letto l’articolo, mi sono detto: ma perché non faccio un test simile anche ai ragazzi tra i 15 e i 20 anni dei quali parlano e giudicano tutti? Forse io sono troppo ottimista, come mi dicono in molti, e nemmeno troppo obiettivo essendo stato per quaranta anni tra giovani problematici. Cioè, non sarei il più adatto. Ciononostante, vorrei porle. Sono poche, ma ne sento forte l’esigenza. Anzi, è una sola: “Perché ogni due per te, quando parlano di voi, viene fuori la parola disagio? È proprio vero che vi sentite soli, che gli adulti non vi capiscono, che non vi capite nemmeno voi, che le compagnie che frequentate sono sempre così pericolose?” Lo chiedo ai quindicenni se leggono Oggi, o a mamme e papà come intermediari.
Anche io ero un ragazzo difficile
Se fosse vero il contrario, perché anche voi quindicenni non tentate di smorzare questi piagnistei che di giorno in giorno diventano più pesanti e più frequenti? Qualcuno penserà che sono mezzo imbecille. Però io, essendo stato, ai tempi, un ragazzo difficile, non mi sento di tacere, piuttosto preferisco essere preso in giro.
Queste mie domande e questa mia visione del vostro mondo è così lontana dalla realtà oppure in qualche modo può essere interpretata? Quando i compagni fanno giochi strani, voi siete sempre dalla parte sbagliata oppure avete la voglia di dissociarvi? Le risposte che date a tutte le interviste che vi vengono fatte, sono sempre pensate e pesate, oppure anche voi, vi lasciate intrappolare da una comunicazione superficiale? Non è facile leggere se stessi ed è più facile dire quello che viene meglio. Non lo dico per banalizzare, ma la mia esperienza mi fa dire che chi ha dato una certa risposta può accadere che l’ha data più per convenienza. Scusate, ma queste mie riflessioni non le faccio per banalizzare le vostre, anzi!
Finalmente mi viene incontro una ricerca dell’Istat che riporta un aspetto dei giovani che da sempre ho supposto, ma che non sono mai riuscito a trovare alleanze.
Nell’indagine sugli “Aspetti della vita quotidiana” si dice che la percentuale degli adolescenti attivi nel volontariato negli ultimi anni è quasi raddoppiata, dal 3,9% del 2021 è passata al 7% del 2023, in contrasto al crollo della partecipazione degli adulti de dei maggiorenni. E i giovani volontari non si limitano solo ad osservare il mondo, lo vogliono cambiare e lo fanno con impegno generoso e appassionante.
Fatemi un grande favore, guardatevi dentro. Solo accettando la mancanza come parte integrante del quotidiano vi permette di conoscere l’importanza di aspirare a ciò che non avere ancora. E il disagio si fa pesante proprio perché, cari ragazzi, non cercate di desiderare quello che ancora non avete. Cercatelo è urgente!
Don Antonio Mazzi – Oggi n.9/2025