SAN GIUSEPPE È UN PAPÁ CHE SOGNA

19/03/2025


Nel 2021 Papa Francesco ha proposto una catechesi su san Giuseppe, che si festeggia il 19 marzo. Si trattava di una sfida coraggiosa, perché san Giuseppe, anche per molti credenti, è una figura da immaginetta: un brav’uomo piuttosto remissivo, e in fondo rinunciatario, privato dei suoi sogni dalla volontà di Dio. Nel mettere in risalto le doti di quest’uomo intimamente libero, il Papa gli riconosce la dote del silenzio. Dobbiamo imparare da Giuseppe a coltivare il silenzio, quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci, quel silenzio che non è mutismo, ma che lascia spazio alla saggezza, alla riflessione.

La tenerezza che non è debolezza

Altra dote di Giuseppe, sottolineata dal Papa, è il vero coraggio. È un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte. Il coraggio è sinonimo di fortezza, che insieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza fa parte del gruppo delle virtù umane, dette «cardinali».

Molto ricca anche la riflessione su Giuseppe il falegname, cioè il lavoratore. I padri e le madri, oggi più che mai, sono messi alla prova nel trasmettere ai figli il valore e il senso del lavorare: la dignità di questo impegno, la difesa di questo diritto, la giusta considerazione dei cambiamenti rapidissimi che sono in atto in questo settore così importante della vita. I genitori che trasmettano ai figli la convinzione che il lavoro sia un inferno, una condanna, e non, per chi ce l’ha, un’opportunità è come se trasmettessero l’idea che la vita stessa da adulti sia un inferno.

Ancora, il Papa attribuisce a san Giuseppe un ruolo decisivo nel nutrire in Gesù il senso della tenerezza del Padre celeste. Il Papa dice che la tenerezza vera non è debolezza, magari riservata solo alle «femmine», ma «un modo speciale di fare giustizia».

Infatti, il padre è colui che conosce l’arte di essere giusto senza mai perdere la tenerezza: perché, più della colpa del figlio, conta la capacità del genitore di mostrarsene superiore e di continuare a valorizzare il «colpevole» ben più della sua colpa.

Questa è tenerezza, ed è una tenerezza che educa, che rafforza, che fa crescere. I padri di cui abbiamo bisogno sono coloro che permettono ai figli di fare questa esperienza di cui parla il Papa.

Sopra la testa non solo un tetto

E poi, il Papa ha descritto san Giuseppe come un «uomo che sogna». Gesù impara da Giuseppe che la vita è una responsabilità troppo grande per essere portata avanti da soli: c’è un segreto, in cielo o nella vita stessa, che un uomo davvero sapiente e istruito dai lunghi anni della sua esistenza ha imparato quantomeno a desiderare e, per quanto ne sa, a coltivare. Un figlio che ha un genitore che «sogna» ha un cielo sopra la testa, oltre che un tetto.

Infine, Giuseppe è un padre che ha un forte senso della comunità, e sviluppa e trasmette al figlio la percezione di far parte di una famiglia davvero molto grande. Per esempio, il falegname di Nazaret conosce e condivide con Gesù le tradizioni di Israele: le feste, le leggende, il senso delle cose considerate sacre (cercando di mostrarle al figlio nel loro valore e non solo come convenzioni sociali vuote di significato), la parentela, i legami di amicizia e il rispetto per tutti.

Genitori socievoli fanno figli socievoli, o quantomeno non timorosi della socialità, con tutte le sue ricchissime opportunità.

Giuseppe è stato un padre speciale e insegna tanto ancora oggi. Sono piccoli consigli che voglio dare ai padri di oggi, che anche io, come padre di tanti ragazzi difficili ho cercato di seguire, a pochi giorni dalla Festà del papà, San Giuseppe.

Don Antonio Mazzi – Oggi n.11/2025