Mi chiamò al telefono per dirmi che voleva fondare Exodus, un’idea per portare i tossicodipendenti fuori
dal luogo in cui si trovano e passare “il Mar Rosso”, per giungere in una terra in cui avrebbero finalmente
lasciato la droga. Un’idea straordinaria poiché attribuisce a soggetti che la società considera inutili anzi
dannosi, subito un senso sociale.
Un’idea che riconosce la capacità di aiutare anche in chi ha bisogno di aiuto…
Mi disse: “Ho detto che avevo concordato tutto con te, mi raccomando, di che sai tutto e danne una
fondazione scientifica”. Feci esattamente così e sostenni con forza la validità del progetto Exodus, sul solo
fascino catartico di quella parola e sullo stima di uno dei più grandi folli che conoscessi: don Antonio Mazzi.
Poi partì la prima carovana di Exodus. Diedi il mio contributo a formare gli operatori, a conoscere i ragazzi…
ero parte di quell’Exodus dell’inizio. Io voglio bene a don Antonio, come a tutti i miei matti.
Con lui ho stretto un contratto segreto e anomalo: mentre tutti gli altri pazzi con cui ho avuto una relazione
(quasi tutti) li ho curati, di lui ho preso l’impegno di difendere una presunta normalità.
Don Mazzi sa che “non chi dice Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre” … e che la volontà del
Padre è esattamente espressa dai bisogni di chi soffre. Dietro a quel sorriso un po’ gaudente di don Mazzi
c’è una grande tristezza, la tristezza di chi sente il dolore dell’altro e lo partecipa per mettere a tacere il
proprio. Sono sicuro che andrà in Paradiso, anche se tutti (o molti toccati dal signore) lo mandano
all’inferno. Quando sarà giudicato dal Padre Eterno, mi presenterò come perito di parte.
Vittorino Andreoli