Qualche giorno fa, in quest'inverno che mi turba per il suo sembrare primavera e si nega alla sua fredda differenza, mentre passeggiavo lungo il Sentierone – la passeggiata di Bergamo, dove non si fa lo "struscio", ma si perde tempo e si chiacchiera sulla città – ho incontrato un caro amico che non vedevo da anni. Dopo i primi saluti e i convenevoli sulle rispettive famiglie, a bruciapelo mi rivolge una domanda: "Ma spiegami, come mai una persona come te, un moderato nei toni e nel vestirsi, si è messo con un preste che ogni tanto alza la voce, si veste come tutti e un poco giovanile, che ama la musica, lo sport e che frequenta persone di un certo tipo? ". Confesso che la domanda mi ha un poco turbato, per il tono e perché non sono abituato a rendere conto delle mie amicizie. Avrei voluto dirgli con il mio garbo orsista: "Che te ne importa?". Ma mi sono subito reso conto che non sarebbe stato giusto nei confronti del mio amico con Antonio. L'amicizia, quando è vera, si nutre anche di testimonianze. Così gli ho risposto: "E' proprio vero che siamo diversi, ma è questa sua diversità che mi attrae, perché è una dissomiglianza che nasce da un'esperienza, da una ricerca, da un avere cura". Nella vita è importante avere cura. Lo puoi fare da sindacalista, da politico, da prete. Avere cura di qualcuno che sta a cuore. Anch'io ho cercato di avere cura, ma non sempre ci sono riuscito, forse perché pensavo che bastasse interessarmi degli altri. Invece con don Antonio ho imparato che l'avere cura è guardarsi negli occhi, riconoscersi e stare insieme. Non importa da dove vieni e il perché vieni; è importante che sia arrivato, che ci siamo ritrovati. Abbiamo fatto percorsi diversi. Impegni lontani, ma a un certo punto ci siamo incontrati, annusati, riconosciuti.
…E' sera. Sul Sentierone si accendono i lampioni. Da "Bergamo di sopra" scende un'aria fredda. Saluto l'amico e spero di aver risposto alla sua domanda.
Savino Pezzotta