Il mio amico don… Sì, per scrivere anche soltanto qualche riga su don Antonio Mazzi, non posso fare altro che cominciare da lì, da quel "il mio amico don". Anni ne sono passati veramente tanti da quando, giovane cronista, incontrai per la prima volta don Antonio Mazzi. Erano i miei primi anni alla cronaca del Tg regionale della Rai. Di lui avevo già sentito parlare, del suo impegno, del suo essere "prete di strada" e così alla prima occasione mi feci assegnare un servizio per raccontare una delle sue tante, innumerevoli iniziative. Da allora è diventato "il mio amico don" ed Exodus quasi una seconda casa. Al don e a Exodus mi legano veramente tanti ricordi. Le tante serate-dibattito su varie problematiche, ma anche le tante serate a discutere di questa o quella iniziativa, momenti di vita privata dove "il mio amico don" non è mai stato ospite ma parte attiva, momenti di gioia e ahimè anche di dolore dove in lui ho sempre trovato un punto di riferimento. Don Mazzi fa parte della mia famiglia da almeno vent'anni e in questo essere parte della famiglia c'è proprio il senso profondo della sua partecipazione a tutto quanto mi è accaduto. L'unica cosa che ci ha sempre diviso è solo la diversa fede calcistica. Io troppo juventino, lui troppo interista, mio figlio Matteo, di cui è stato padrino alla Santa Cresima, troppo milanista. Non c'è che dire, un bel cocktail esplosivo soprattutto nelle splendide serate passate a rosicchiare le mie "costine alla griglia" che "il mio amico don" non rifiuta mai. "Non potrei", mi ha risposto una volta, "al tuo cinema davanti al barbecue, non posso rinunciare". Mi è anche capitato di non essere d'accordo su qualche sua intraprendente e rischiosa iniziativa oppure su qualche leggerezza che lo ha esposto a inutili quanto faticosi rischi, ma come fai ad arrabbiarti? Quando ti guarda con quegli occhietti che sembrano già dire: "Perché non dovevo farlo?", cosa rispondi? Deponi le armi e dici: "Don mi arrendo".
Maurizio Losa