Ho spesso invitato don Antonio Mazzi a collaborare con degli articoli alle riviste che ho diretto, chiedendogli di attingere alla sua esperienza con i giovani e le comunità cui ha dato vita. E' così che sono nate le "Storie fuori dalla porta di chiesa" per i sacerdoti che leggono il mensile "Vita Pastorale", La longevità della rubrica, che va avanti ormai da anni, rivolta a un pubblico esigente, attesta l'abbondanza di casi umani cui don Antonio può attingere e insieme la capacità di raccontare la vita nella sua complessità, ma senza retorica. Quando poi sono passato a fare televisione non è mancato il suo contributo a diversi programmi. Anzi, don Antonio è un esempio dell'efficacia e dell'importanza della comunicazione televisiva: per l'apostolato tra i giovani come per qualsiasi apostolato. Il riscontro l'ho avuto in occasione dei viaggi che da anni facciamo insieme, accompagnando folti gruppi di lettori di "Famiglia Cristiana". Don Antonio li chiama le sue vacanze, ma intrattiene i partecipanti con delle catechesi e con l'aggiornamento sulle necessità dei suoi ragazzi. E mi sorprende vedere che, in qualunque angolo del mondo, c'è sempre qualcuno che lo riconosce e lo ferma per una foto. Un anno nei pressi di Gerusalemme, sul Monte dell'Ascensione, un gruppo di turisti, accortosi della sua presenza, finì con il bloccare l'uscita della cappellina, con centinaia di visitatori dentro a spingere per uscire. Dopotutto, come si fa a non riconoscerlo? Che sia estate o inverno, è sempre con il suo pesante maglione nero e, in Italia o all'estero, sempre alla ricerca di un caffè espresso.
Don Giusto Truglia